#isacacommunityday – Scoprire come diventare navigatori responsabili nel mare digitale – il nostro intervento

Ringraziando Isaca per questa opportunità, riportiamo di seguito il nostro intervento:

Sono uno scout, un educatore scout del CNGEI, il Corpo Nazionale Giovani Esploratori Italiani, e visto che il tema di questo incontro è “navigare responsabilmente” gioco subito la mia carte: la parola navigare nel mio immaginario, è strettamente legata a “esplorare”, i grandi navigatori sono stati grandi esploratori. Quello che facciamo negli scout infatti è insegnare a ragazze e ragazzi a esplorare il mondo in modo responsabile, condividendo le proprie esperienze con i compagni.

E il modo in cui lo facciamo si basa su un libro scritto più di cento anni fa, quando non esisteva neppure il telegrafo senza fili, la posta viaggiava su carrozze tirate da cavalli e distribuite da postini su quel modernissimo ritrovato tecnologico che erano le biciclette a catena.
Ebbene, gli scout sono noti, nell’immaginario, come quelli che si fanno da mangiare sul fuoco, costruiscono “cose” non meglio definite con pali e corde, dormono in tenda o in rifugi di fortuna, insomma fanno più o meno le stesse attività di cento anni fa. Ma soprattutto, nell’iconografia classica, non hanno mai un telefonino in mano.
Bè, non è così. I nostri ragazzi sono come gli altri e quando arrivano a riunione sono anche loro, come i coetanei (ma anche come gli adulti, ormai) attaccati allo smartphone.
Ma non è tanto la rivoluzione tecnologica, quanto quella del costume nelle relazioni personali, parlo dei social, a esser stata destabilizzante per molti educatori. I quali di colpo si sono dovuti adeguare, pena l’esclusione da certe dinamiche di gruppo, dinamiche essenziali nel tipo di lavoro che facciamo con i ragazzi.
Il CNGEI è nato nel 1912 ed è un’associazione ricca di tradizioni, in cui si cerca ancora di dare un senso ai simboli che ostentiamo. Ma simboli e tradizioni hanno ragion d’essere, se sono adeguati alla nostra mission, che è quella di educare “buoni cittadini”. La discussione su questi temi è stata perciò lunga e articolata con passi avanti, trascinati da giovani nerd col fazzolettone, e retromarce repentine guidate dagli appassionati del piccione viaggiatore. Negli ultimi anni le cose però sono state definite e la nostra linea oggi parla proprio di utilizzo responsabile della tecnologia.

Ma nel concreto, cosa significa? Perché la responsabilità non può essere solo quella relativa all’uso delle tecnologie, una persona, una ragazza o un ragazzo sono o dovrebbero essere responsabili in modo globale, in ogni aspetto della loro vita. Cosa c’è di diverso dentro internet? Nella maggior parte dei casi mancanza di consapevolezza.
Per questo riteniamo che una delle chiavi sia la padronanza tecnica e la comprensione di quello che si sta facendo. Anche perché è questo il modo in cui insegniamo ai ragazzi. Se sai cucinare sul fuoco, farlo con una cucina a gas o a induzione, ti risulterà più che semplice. Se sai leggere o addirittura disegnare una cartina con una bussola e un compasso, usare un GPS ti sembrerà banale. Ora non voglio dire che se insegni ai ragazzi e fai usare loro nei giochi il codice Morse o l’alfabeto semaforico (quello con le bandierine) o ancora usi una qualche forma rudimentale di crittografia come il cifrario di Cesare, poi sono pronti per diventare tutti ingegneri informatici, ma sicuramente gli offre una prospettiva, una chiave di lettura comprensibile, concreta, a misura di ragazzo di cosa significa trasmettere, ricevere e interpretare un messaggio, in altre parole comunicare.

Perché la comunicazione, assieme ai video e alla musica, è quello che i ragazzi usano di internet. E in questo ci aiuta uno strumento del metodo scout: la sua dimensione internazionale. Dal 1957 l’Organizzazione Mondiale del Movimento Scout organizza un evento, ogni anno il terzo week-end ottobre, che mette in comunicazione virtualmente tutti gli scout del mondo. Il Jamboree on the air. Con l’aiuto di radioamatori durante quel fine settimana tutti gli scout si cercano nell’etere e si scambiano brevi messaggi. Con l’esempio degli operatori imparano quella che è una vera e propria etichetta nella comunicazione. Con l’avvento di internet accanto a questa seguitissima manifestazione (la stima dei partecipanti è attorno alle 500.000 persone ogni anno), se ne è aggiunta un’altra, il Jamboree on the internet. Da buoni scout, anche in questo caso vengono utilizzati strumenti semplici, addirittura antichi, da un punto di vista informatico, per comunicare infatti viene utilizzato IRC, uno dei primi protocolli di chat, che però ha il vantaggio di poter essere gestito “in casa” e infatti i server appartengono alla rete scoutlink, gestiti, amministrati e moderati da educatori scout sotto la supervisione dell’Organizzazione Mondiale. I Canali, le stanze di discussione, sono divise per linguaggio, così se qualcuno cerca di parlare con qualcuno in Portogallo o in Ucraina, sa dove cercare. E i ragazzi, nonostante l’abitudine a chat e social, rispondono entusiasti alla possibilità di parlare con i coetanei che vivono dall’altra parte del mondo in un contesto protetto e dove vigono regole e modalità di rapportarsi che gli sono familiari (il lessico scout, l’obbligo di rispetto reciproco ecc.)


Già, le regole. Perché ieri come oggi, un adolescente è con le regole che si deve confrontare, per contestarle magari, ma prima di tutto deve comprenderle e capirne l’importanza per vivere serenamente assieme gli altri. E in questo gli scout sono abbastanza bravi, o almeno provano a esserlo. Permettetemi una brevissima digressione metodologica. Negli scout cerchiamo, in modo progressivo e adatto alle fasce d’età, di costruire insieme le norme che regolano la vita sociale, è un processo di educazione alla democrazia che attraversa tutto il percorso di crescita dei nostri giovani. Ci sono però dei paletti che vanno fissati e spiegati ai ragazzi. Uno di questi è l’obbligo di spegnere o addirittura consegnare gli smartphone durante l’attività. E i ragazzi ne comprendono rapidamente il motivo. Se devono lavorare in assieme, che so, per montare una tenda prima che piova o faccia notte, serve concentrazione su quello che si sta facendo e, soprattutto, su quello che fanno gli altri oltre che attenzione alle direttive del capo pattuglia che coordina il lavoro. Sei o sette ragazzi col telefonino in tasca non riescono a portare a termine il compito per tempo, è dimostrato. Basta lasciarli provare una volta e mentre piantano picchetti al buio, con i compagni delle altre pattuglie già al caldo dentro le tende, li sentirai rimproverarsi a vicenda della scelta fatta.
Ci sono eccezioni, naturalmente, ad esempio se una pattuglia è in hike, in uscita, da sola, allora il Capo pattuglia, in genere il ragazzo o la ragazza più grande, ha il telefono acceso per comunicare con i capi o documentare fotograficamente il percorso. Il suo vice, di solito, lo tiene invece spento nello zaino, come emergenza se si scaricasse quello del capo. Questo tipo di approccio, devo dire, è apprezzato dai ragazzi che ne comprendono le ragioni.

Ora avete un quadro, per forza di cose sintetico e incompleto, del nostro approccio, ma questi esempi non rispondono alla questione più generale di come educare a un utilizzo responsabile della tecnologia. E mi ricollego a quello che ho affermato all’inizio di questo discorso: un giovane dovrebbe sviluppare un proprio senso di responsabilità rispetto a ogni contesto in cui si trovi ad agire, altrimenti non la dimostrerà mai in un ambito, come quello di internet, per propria natura estremamente libero e in cui è facile agire in modo solitario o anonimo. Dotare i ragazzi di strumenti, competenze e informazioni è un passo necessario, propedeutico direi, tant’è vero che al Jamboree mondiale, quest’estate in West Virginia, uno dei temi più gettonati dai ragazzi è stato Living in the 21th century, con attività relative alle nuove professioni, realtà virtuale, droni, robot programmabili declinate assieme a nuovi media, sostenibilità ambientale, accesso al cibo e altro.
Insomma, internet e le (relativamente) nuove tecnologie sono un’opportunità di crescita per i nostri ragazzi, è innegabile, quello che fa la differenza è l’educazione alla cittadinanza, al rispetto e condivisione delle regole, la capacità di relazionarsi in modo corretto e costruttivo con gli altri.

E proprio questo tipo di educazione è quello che modestamente cerchiamo di offrire ai ragazzi, coscienti dei nostri limiti ma anche orgogliosi di provarci cercando una sinergia indispensabile con le famiglie, un altro tema chiave che qui non c’è il tempo di affrontare. Perché forse c’è bisogno maggiore consapevolezza e preparazione anche in noi adulti, che siamo, nel bene e nel male, un esempio per i nostri giovani.
Chiudo con un altro richiamo alla navigazione citando un’esortazione di Baden-Powell, il fondatore dello scoutismo, indirizzata ai rover, i ragazzi più grandi:
“Guida tu stesso la tua canoa, non contare sull’aiuto degli altri. Tu parti dal ruscello della fanciullezza per un viaggio avventuroso; di là passi nel fiume dell’adolescenza; poi sbocchi nell’oceano della virilità per arrivare al porto che vuoi raggiungere. Incontrerai sulla tua rotta difficoltà e pericoli, banchi e tempeste. Ma senza avventura, la vita sarebbe terribilmente monotona. Se saprai manovrare con cura, navigando con lealtà e gioiosa persistenza, non c’è ragione perché il tuo viaggio non debba essere un completo successo; poco importa quanto piccolo fosse il ruscello dal quale un giorno partisti.”

Testo a cura di Sandro Mattei e Giulio Giacomoni